HER

1393608848446.cachedTornano i giorni tiepidi e con essi un po’ di spunti di film da (ri)vedere e di colonne sonore da infilare nelle nostre playlist.

Parto dalla considerazione che esistano film che sembrano costruiti apposta per alcune colonne sonore e non il contrario. Intere storie che funzionano bene in virtù delle armonie che le sostengono, una narrazione fatta di note, ancor prima che di parole, in un fluire strano in cui tutto tace, parlano le immagini, la musica racconta.

Se penso agli occhi di Joaquin Phoenix che guardano dal fondo rosso della locandina di Her, torna alla memoria l’agonia lenta di un film che schianta dentro perché racconta a tutti noi quale futuro ci aspetti, solitario e innaturale, che è già qui, in cui i rapporti sono mutuati dalle parole incanalate nei messaggi di un cellulare, di una chat, di una e-mail, meraviglia potente delle cose dette che possono salire in alto in alto, anche se noi ci troviamo in basso basso, lontano lontano dalla stessa situazione che stiamo vivendo.

Quale scelta migliore, allora, per un uomo che s’innamora di un sistema operativo, di “Reflektor” degli Arcade Fire, gruppo musicale indie canadese, formato per lo più da polistrumentisti, con un sound ricco di armonizzazioni complesse in cui si fondono davvero molti strumenti, quasi un’orchestra, che rende le loro performance dal vivo spettacolari? Infatti Spike Jonze (quello che faceva i video di skateboarding e che ha firmato il film Essere John Malkovich) si aggrappa a loro e al ritmo ballabile e ipnotico del loro sound, riconoscendo in molti testi della band un sostegno alla sua storia. E bravo Spike che chiude i sentimenti in un sistema operativo, per poi lasciarli esplodere a suon di musica, la musica giusta degli Arcade Fire, che su alcuni brani provano a riscrivere e riadattare, soprattutto quando Scarlett Johansson è chiamata a sostituire Samantha Morton, intorno alla voce della quale era stato costruito tutto il film: cambia il tono di Her e cambia la musica, da un’atmosfera stile Blade Runner si passa ad archi e pianoforte con l’incalzare del ritmo tutto da ballare.

Tredici brani in cui non mancano accenni al passato come  con “Sure of Love” brano del 1958 delle Chantels e brani per camminare a ritmo come il Zim Zam Remix di “Cleopatra in New York” di Nickodemus, con una perla, “The Moon Song”, scritto da Karen O delle Yeah Yeah Yeahs, brano candidato all’Oscar 2014, battuto dalla comunque bellissima “Let It Go” del disneyano Frozen.

Se Her non avesse questa colonna sonora, sarebbe un preludio alla depressione. Invece è proprio questa musica tonica che rende il mondo di questa storia torpido e avvolgente, spazio metafisico in cui lo spirito, nel tentativo di emergere, è aiutato dalla tecnologia, non ostacolato. Pieghe narrative fra fantascienza e sentimenti in cui il computer, il cellulare, il tablet diventano uno specchio in cui ogni tanto sarebbe utile guardarci e non solo vederci rilessi.

Film da vedere, soprattutto da ascoltare: occhi di Joaquin Phoenix, voce di Scarlett Johansonn.

Elena Miglietti

Giornalista, appassionata di Medioevo e pallavolo, scrive favole. Per Coop ha coordinato per diverso tempo la redazione piemontese del periodico Consumatori, essendo anche membro della redazione nazionale. Da anni racconta l'esperienza delle cooperative Libera Terra, che lavorano le terre confiscate alla malavita dell'entroterra corleonese. E' fra i promotori del S.U.S.A. Collabora con Radiocoop dal 2010.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.