Il rap va a cavallo

In epoca medievale la dignità di un cavaliere, oltre all’onore in battaglia, derivava dal suo presentarsi vestito di tutto punto e a cavallo. In epoche successive oltre al farsi belli per muoversi in società, si è attestata sempre più la volontà di fermare in ritratti in posa la propria gloria: il ritratto come un’istantanea in cui si è belli come non mai.

Oggi la fotografia esaudisce questo desiderio di fermare l’attimo, ma la grandezza va celebrata con altri rituali ed ecco che il ritratto torna in auge e trova spazio in situazioni inaspettate. Accade a New York dove un giovane pittore, già paragonato a Jean-Michel Basquiat, scende in strada, sceglie i suoi modelli, li veste con abiti ricercati, li colloca in dimore di lusso tra fregi e stucchi e, interpretando altre grandi opere, li trasforma in fieri condottieri, ricchi aristocratici, moderne icone del kitsch.

 

Si tratta Kehinde Wiley, il pittore dei neri del ghetto, il genio americano che a 12 anni è andato a studiare a San Pietroburgo, le cui tele sono state paragonate (addirittura!) a quelle del Rinascimento italiano. Originale lo è sicuramente, i suoi modelli sono tutti afroamericani, convinto com’è di offrire ai neri l’opportunità di essere presenti nel mondo dell’arte figurativa, laddove per secoli sono stati invisibili o esposti in forme non edificanti, come schiavi o selvaggi.

Per questo motivo il suo stile trova grande spazio nel mondo dell’Hip Hop, o meglio nell’aristocrazia Hip Hop, che vede nella sua forma ritrattistica, il veicolo per ostentare il tipico stile di vita eccessivo e pacchiano, dimostrazione che ormai il rap e i suoi guru hanno rotto con le culture popolari di un tempo come graffiti, street-art, skate o breakdance. Ecco quindi che protagonisti dei suoi ritratti sono LL Cool J, le Salt N’Pepa, Ice T o Snoop Dogg, che non disdegna di farsi ritrarre nelle vesti di un nobile inglese intento nella caccia alla volpe, ma anche eroi dello sport come il giocatore di baseball Jackie Robinson dei Dodgers, il cui ritratto è stato commissionato niente po po di meno che da Spike Lee, ovviamente vestito di tutto punto e… a cavallo.

 

C’è molta ironia nelle opere di Wiley soprattutto quando ritrae un energumeno in canottiera che si dà arie da principessa, mentre annusa una rosa; l’autore sa cogliere l’aura ridicola di quei rapper che con cattivo gusto mostrano gioielli, Rolls Royce, champagne e playmate, in un coacervo di buoni sentimenti da fotoromanzo e pistole.

Personaggio alternativo ed eccentrico, Kehinde Wiley ha firmato la recente campagna pubblicitaria della Puma e per il vernissage di una sua mostra ha offerto un banchetto rinascimentale con l’accompagnamento musicale di una cantante che stravolgeva, a modo suo, i più importanti pezzi hip hop. Infine, non resistendo al richiamo della vanità, ha prodotto un suo autoritratto, posando a cavallo con un abito di broccato a fiori e con accanto un levriero.

 

Neanche il re del pop ha potuto resistere al richiamo della vanità: Machael Jackson commissionò al giovane pittore un ritratto, concluso postumo. E come voleva essere tramandato ai posteri? Vestito di tutto punto e… a cavallo, ovviamente!

 

Elena Miglietti

Giornalista, appassionata di Medioevo e pallavolo, scrive favole. Per Coop ha coordinato per diverso tempo la redazione piemontese del periodico Consumatori, essendo anche membro della redazione nazionale. Da anni racconta l'esperienza delle cooperative Libera Terra, che lavorano le terre confiscate alla malavita dell'entroterra corleonese. E' fra i promotori del S.U.S.A. Collabora con Radiocoop dal 2010.

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