Bob Dylan, l’anima torbida del mondo impressa su tela.

Il viaggio seguendo le tracce del genio creativo ci conduce, dopo Leonard Cohen e Paul McCartney, da Bob Dylan, autore magnifico per cui sono stati spesi fiumi di inchiostro e miriadi di battute.

Autore instancabile, simbolo di una generazione, ispirazione per quelle future, Mister Zimmerman è una sorta di re Mida del gesto artistico: quando si cimenta, il suo ingegno allo stato puro si trasforma inevitabilmente in arte, sia essa musica, poesia, pittura. Per questo negli anni gli sono piovuti addosso i premi più prestigiosi, dall’Oscar nel 2001 per la miglior canzone originale Things have changed dal film Wonder Boys, al Pulitzer nel 2008 “per il profondo impatto sulla musica popolare e sulla cultura americana, grazie alle liriche composte e alla straordinaria forza poetica dei suoi testi”.

Non pago il Menestrello di Duluth continua a raccontare storie, anche come pittore, e le ferma sulla tela, spesso basandosi su scatti fotografici.

Con le sue tele ha girato il mondo, molte fra le gallerie d’arte più note hanno ospitato sue mostre personali, ma se Leonard Cohen affida i suoi disegni all’intimità di libri e piccole esposizioni e per McCartney è facile ravvisare condiscendenza, per i quadri di Bob Dylan si è sempre parlato di “notevole talento pittorico”.

Nella sua lunga carriera Dylan ha cambiato spesso genere musicale, ha scritto poesie (si è parlato spesso di premio Nobel per la letteratura), ha recitato, abituando il pubblico a una poliedricità sempre originale, per cui, nonostante i 70 anni suonati, la sua arte è sempre foriera di novità. E così è con le sue opere visive.

La National Gallery di Copenhagen, la galleria Halcyon di Londra, la galleria Gagosian di New York, ma anche l’Accademia Albertina di Torino e Palazzo reale di Milano, hanno tutte ospitato le sue opere, sempre divise in serie: The New Orleans Series, The Brazil Series, The Asia Series.

La pittura è una fedele compagna che lo accompagna dagli anni ’70 quando seguiva i corsi di Norman Raeben, fondamentali per dare consistenza alle sue sperimentazioni visive. A ispirarlo è il suo girovagare quotidiano per le strade, per il mondo, nei meandri della vita. Qualcuno ha visto influenze di Matisse, soprattutto nella Brazil Series, certo è che il suo stile particolare esce chiaramente fuori dai suoi quadri: esiste uno stile Dylan.

Dopo la serie di tele mordaci e anticonformiste, che reinterpretavano il design di alcune copertine di riviste americane, stravolgendolo, il suo stile si fa linguaggio, diventa più chiaro e riconoscibile. Dylan, ad esempio, vede potere nella donna, per cui la rappresenta sempre rubiconda, possente; il suo tratto diventa via via più semplice e accompagna una pennellata pastosa, utile per la sua predilezione per i toni forti con cui mette su tela scene di sesso, di vita che passano dall’amore alla violenza. I colori sono sempre sbiaditi, smorzati, progettati per dare risalto al rosa carne della pelle o a qualche particolare che debba cogliere lo sguardo.

 

In generale non disdegna il fascino della decadenza, come nella New Orleans Series, ispirata a fotografie che ritraggono la città con il fascino vintage anni ’40-’50, tetra, fatta di angoli angusti e personaggi cupi. Stile che ritorna anche nella Asia Series, dove permane il gusto per la città losca e misteriosa.

   

Insomma Bob Dylan riempie i cataloghi delle mostre d’arte oltre che le play list dei lettori mp3 di ogni generazione, ma il suo stile fanè ha colpito anche la sua reputazione. I maligni, infatti, hanno visto del losco in questo suo ispirarsi agli scatti fotografici: un conto è l’ispirazione, un conto la scopiazzatura, soprattutto se, dopo aver sbandierato ai quattro venti di come ti abbiano colpito le persone di strada in Vietnam, Cina, Corea, proponi su tela la riproduzione quasi esatta uno scatto di Herny Cartier Bresson, uno di Leon Busy e uno di Dimitri Kassel. Smascherato dal New York Times, dal Guardian e dal blog ArtsBeat, l’autore di Blowin’in the wind non ha dovuto neppure rammaricarsi, perché, sebbene riproduzioni, le tele sono bellissime, richiestissime e a Londra sono state battute a 100 mila € come base d’asta.

Tutto scivola, Like a Rolling Stone!

 

 

Elena Miglietti

Giornalista, appassionata di Medioevo e pallavolo, scrive favole. Per Coop ha coordinato per diverso tempo la redazione piemontese del periodico Consumatori, essendo anche membro della redazione nazionale. Da anni racconta l'esperienza delle cooperative Libera Terra, che lavorano le terre confiscate alla malavita dell'entroterra corleonese. E' fra i promotori del S.U.S.A. Collabora con Radiocoop dal 2010.

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