CARMENSITA – Outta Kali Phobia

 

Primo lavoro per il duo formato da Carmen Cangiano (Premio Janis Joplin 2010) e Claudio Fabbrini. Rock-blues chitarra e voce. Percussioni africane e un harmonium indiano effettato. Un colorato sciamanesimo nella metropoli, carico di psichedelia, ironia e spiritualità.

“Outta Kali Phobia” è il primo disco del progetto CarmenSita formato dalla cantante e autrice Carmen Cangiano e dal chitarrista e sperimentatore Claudio Fabbrini. Un duo, ma sarebbe meglio dire un binomio di opposti che trova il proprio completamento nelle sette tracce di un disco marchiato da una visione multiforme e vibrante del rock-blues.

Istinto e razionalità. Yin e Yang. Sole e luna. Carmen da una parte, premio Janis Joplin 2010, voce potente, indole istintivamente genuina e sanguigna. Claudio dall’altra, un vero “nerd” della chitarra e nucleo razionale di tessiture armonico-ritmiche mai prevedibili. Al centro una manciata di canzoni che evocano senza raccontarle alcune vicende biografiche di Carmen raccolte durante un viaggio da busker in Europa e parlano di relazioni tra il maschile e il femminile (“La noia ha fame”, “Move on”, “She’s a godness”), di speranza (“Don’t forget to dance”), di dolore (“Trouble”) ma anche di caos quotidiano contrapposto a una prospettiva più ampia. Così accade nella title-track che è l’unico brano firmato da entrambi i musicisti, mentre tutte le altre tracce sono scritte dalla cantante e si arricchiscono, oltre che della sei corde di Claudio, anche di un harmonium indiano effettato (suonato dalla stessa Carmen Cangiano), delle poliritmie percussive di Dudu Kouate e dei backing vocals di Elisabetta Martinoli.

E’ questo “Outta Kali Phobia”, letteralmente “Fuori dal caos di Kali”. Un disco che si nutre di spiritualità indiana e inquietudine rock’n’oll, di psichiedelia senza esagerare e di ironia, guardando con l’anima agli anni ’70 per una certa volontà di sperimentazione sui suoni ma anche per un immaginario che trasforma il duo in una sorta di coloratissimo sciamano bifronte dentro una Woodstock metropolitana. E coloratissima, caotica e piena di simboli è del resto anche la copertina “gonghiana” disegnata dalla stessa Carmen, autoprodotta come il disco e sua ideale controparte iconografica.

Rapire e sospendere le menti, attraversare le impressioni del mondo e gli stati emotivi che ne derivano usando il potere catartico della musica che in quanto viaggio ha il senso del viaggio. A questo puntano i CarmenSita: senza alcuna verità in tasca, ma solo con la volontà di muoversi nello spazio, evadere, conoscere e conoscersi.

Crediti
Carmen Cangiano: voce, harmonium indiano, ukulele
Claudio Fabbrini: chitarra acustica
Dudu Kouate: percussionista
Elisabetta Martinoli: backing vocals

Antonio Bacciocchi

Scrittore, musicista, blogger. Ha militato come batterista in una ventina di gruppi (tra cui Not Moving, Link Quartet, Lilith), incidendo una cinquantina di dischi e suonando in tutta Italia, Europa e USA e aprendo per Clash, Iggy and the Stooges, Johnny Thunders, Manu Chao etc. Ha scritto una decina di libri tra cui "Uscito vivo dagli anni 80", "Mod Generations", "Paul Weller, L’uomo cangiante", "Rock n Goal", "Rock n Spor"t, Gil Scott-Heron Il Bob Dylan Nero" e "Ray Charles- Il genio senza tempo". Collabora con i mensili “Classic Rock”, "Vinile" e i quotidiani “Il Manifesto” e “Libertà”. E' tra i giurati del Premio Tenco e del Rockol Awards. Da sedici anni aggiorna quotidianamente il suo blog www.tonyface.blogspot.it dove parla di musica, cinema, culture varie, sport e con cui ha vinto il Premio Mei Musicletter del 2016 come miglior blog italiano. Collabora con Radiocoop dal 2003.

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