Intervista a Viviana Monti e Marco Macchi (Moma Blues)

   1) Sembra improbabile ma il messaggio delle prime Blues Women degli anni Venti è ancora di una potenza incredibile soprattutto se contestualizzate al periodo. Nei loro testi ci sono proto femminismo, difesa dei diritti, provocazione, aggressività, sesso esplicito (vedi Lucille Bogan in “Shave em dry”) ma anche esoterismo (le tematiche “Voodoo” di Victoria Spivey ad esempio). Credi siamo ancora attuali? 

    Si tratta dell’espressione di un particolare momento storico, un vero e proprio Boom che a partire dal 1923, cento anni fa, ha portato alla ribalta un gruppo di artiste che hanno trovato lo spazio per far sentire la loro voce e per raccontare la cultura in cui erano immerse, con tutta l’originalità e l’unicità di cui erano capaci. Una caratteristica che accomuna i vari repertori di queste blues women sono le advise song, cioè le canzoni che sono rivolte espressamente alle altre donne della comunità per dare consigli, per metterle in guardia sul mondo. Ma ci sono anche molti dirty blues, che utilizzano un linguaggio esplicito del tutto simile a quello dell’Hip Hop, del Rap o della Trap, ma da un punto di vista femminile. Nel nostro spettacolo proponiamo al pubblico un percorso attraverso i loro brani per scoprire un universo femminile descritto senza lasciare nulla all’immaginazione, con sfrontatezza e coraggio. I blues che abbiamo scelto parlano di desiderio, vita quotidiana e trasgressioni ma anche di abusi e violenza, vissuti con un atteggiamento forte e determinato, da Big Mama, che ancora ci sorprende. Questa riflessione è di grande attualità e ci serve per capire a che punto siamo oggi, cento anni dopo.

    2) In molti testi delle blues Women c’era una evidente volontà di fare emergere la condizione precaria della donna, denunciando le violenze a cui spesso erano sottoposte. Vedi “Sweet Rough man” di Ma Raney (anche se alla fine finisce di perdonare l’uomo rude e violento che le sta accanto).

    Il blues è stata una forma culturale preziosa per le donne afroamericane della working class dei primi del 900 perché avevano pochi mezzi per acculturarsi, non potevano imparare a leggere e a scrivere. Queste artiste raccontano nelle loro canzoni storie dolorose e laceranti attraverso il blues, come forma di condivisione delle difficoltà individuali del vivere, ma così come i blues diventano movimentati, divertenti e ballabili, allo stesso modo emergono figure di donne indipendenti, capaci di prendere la parola, nonostante le umiliazioni e le censure. In questo modo smontano la rappresentazione tradizionale della donna, come invisibile e senza voce. Per capire meglio la poetica di questi Blues e il loro rapporto con la condizione femminile ci siamo ispirati ad Angela Davis, nota attivista per i diritti, che ha dedicato un saggio a “Blues e femminismo nero”. Ci sono brani di Ma’ Rainey e Bessie Smith in cui si parla espressamente di violenza, di orientamenti sessuali diversi, di autodeterminazione e proprio Angela Davis afferma che non rimanere in silenzio, non tacere su queste problematiche è già di per sé un atto politico. Le blues women aprono gli occhi a tante donne che le ascoltano e le seguono, dando loro la possibilità di non essere sole, di esprimere con parole e strofe il loro dolore e capire il loro potere.

    3) Il blues è, secondo te, una musica “musealizzata” ovvero destinata a ripetersi oppure ha le capacità di rinnovarsi in nuove espressioni? Ma è necessario il rinnovamento o è giusto preservarne le caratteristiche fedelmente alla sua accezione artistica originaria?

Il blues come linguaggio e come colore è uno dei mattoni fondamentali di molta musica che è venuta dopo, quindi vive in forme nuove, magari mescolato ad altri generi, come un frammento di DNA che ritrovi in tante nuove creazioni. Il rinnovamento non è necessario, ma è intrigante e apre a nuove prospettive. Nel nostro spettacolo a volte reinterpretiamo brani dei primi del Novecento con un linguaggio decisamente più moderno ed è un “gioco” stimolante che anche il pubblico apprezza.

     4) Il vostro repertorio è composto da classici del blues “femminile”. Come risponde il pubblico? Ci sono approfondimenti da parte degli spettatori delle tematiche contenute nei brani o è semplice fruizione di una musica?

    Il pubblico reagisce sempre con curiosità e generalmente non conosce questi testi, anche perché, proprio per le loro caratteristiche sono stati in qualche modo censurati e cancellati, anche all’interno della comunità afroamericana perché rappresentavano il passato che si voleva lasciare alle spalle. La sensazione è straniante, quasi di meraviglia: ci troviamo ad ascoltare un genere musicale che in qualche modo conosciamo, semplice e codificato, con i suoi bei motivetti e la sua patina vintage ma poi scopriamo che quel testo parla proprio di noi, delle difficoltà delle donne e di chi ha una pelle diversa o un’identità sessuale diversa. A quel punto dal blues anni 20 a brani come Strange Fruit di Billy Holiday o Four Women di Nina Simone il passo è breve.

    5) In un periodo (spero sinceramente sia una parentesi) in cui la musica ha sempre più assunto il ruolo di “sottofondo” e sempre meno caratterizzata da contenuti, credi che il blues abbia ancora spazio o sia semplicemente un ambito di nicchia? Credi che prima o poi arrivi una generazione che lo riscopra e porti di nuovo ai vertici dei gusti degli ascoltatori? (Come fecero nei Sessanta Stones, Animals, Yardbirds, John Maya, Clapton, Hendrix etc)?

Il fatto che la musica diventi o meno un sottofondo non dipende tanto dal genere, ma piuttosto dai contesti e dalle situazioni. Noi cerchiamo sempre di “preparare” il pubblico ai nostri spettacoli specificando che ci sarà una quota di narrazione e spiegando bene la struttura dello show agli organizzatori, anche perché una volta lì, le persone vengono coinvolte e stimolate a partecipare, in qualche modo. Il che equivale a dir loro: “Non saremo mai un semplice sottofondo per il vostro aperitivo”. In ogni caso, sarà ben difficile trovare, anche nel prossimo futuro, un disco blues ai vertici delle classifiche. Ma non è detto che ciò sia un male: il pubblico del blues sa cercare e trovare ed è molto motivato. 

 6) facciamo il solito gioco: se dovessi consigliare cinque album e cinque canzoni per fare conoscere il blues ai giovani quali sceglieresti e perché?

Young women’s Blues dall’album omonimo di Bessie Smith 1926

Una giovane donna abbandonata che invece di piangere decide di darsi alla pazza gioia e di comportarsi come il marito andando in giro per il mondo sicura di sé. 

Safety Mama dal disco singolo contenente il brano Need a little sugar in my bowl sul lato A del 1931

Una visione protofemminista di una ragazza che sa come mantenersi da sola e vuole un marito altrettanto “safety”, insegnando alle altre come trattare i “no good men”.

Black eye blues Ma Rainey – The Complete 1928 Sessions di Gertrude Ma Rainey  

Ma Rainey racconta un episodio di violenza domestica che ha visto per strada, non resta in silenzio, descrive i dettagli e anche la donna che si rialza, apostrofando il marito come “alligator”. 

Strange Fruit dall’album omonimo di Billie Holiday 1972 

Dalla poesia di Abel Meeropol il capolavoro interpretato da Billy Holiday che tocca il tema del linciaggio degli afroamericani. Alcuni biografi della Holiday hanno sostenuto che la cantante non ne avesse compreso il peso e la forza. In realtà nei video originali mentre canta ha gli occhi chiusi come in preghiera.  

Four Women dall’ album Wild Is The Wind di Nina Simone 

Nina Simone comincia il suo percorso come attivista e scrive Fuor Women, un manifesto per i diritti delle donne afroamericane che ci fa riflettere sugli stereotipi con cui viene ghettizzata l’identità di queste donne.

Sam Jones nella versione di Cecile Mc Lorin Salvant dall’album Dreams and Daggers 

Performance live del 2017 di una delle più interessanti voci jazz contemporanee in cui vengono riarrangiati e ripresi brani di Bessie Smith in chiave jazz, recuperando il messaggio di empowerment femminile.  

Vorremmo consigliare anche due libri, oltre al saggio “Blues e femminismo nero” di Angela Davis naturalmente (Alegre 2022), è molto interessante e attuale sul tema “Countin’ the blues, donne indomite” di Elisa De Munari (Arcana 2020). 

Spettacolo di narrazione e musica Women’s blues 

Un percorso sulle note del blues per toccare temi che riguardano anche la nostra società contemporanea, come la solidarietà fra donne sessualità, la condizione femminile, la libertà di esprimere i propri desideri, la libertà di amare chi si vuole, il lavoro, la famiglia e la violenza. Seguendo le orme di grandi interpreti come Ma Rainey, Bessie Smith, Billie Holiday ma anche Nina Simone, Dee dee Bridgewater, Nora Jhones e altre.  Le blues women nella prima parte del ‘900 sono le prime a dar voce alle donne della working class, una categoria che non aveva accesso alla scrittura e alla riflessione alta. E lo fanno attraverso la formula popolare e ripetitiva del blues. Fra le blue note interpretate da queste grandi cantanti emergono il tema del tradimento e dell’attenzione che la donna deve avere nel muoversi nel mondo degli uomini, delle difficoltà che incontrano nella workin’ class. Angela Davis (filosofa femminista e attivista nella lotta contro il razzismo) ha spiegato che cantanti come Ma Rainey e Bessie Smith, hanno avuto il merito di dar voce con la loro interpretazione e con i loro testi ai problemi individuali delle donne e hanno così favorito una coscienza condivisa femminile.

Le donne che cantano il blues 

Le blues women nella prima parte del ‘900 danno voce alle donne della working class, una categoria che non aveva accesso alla scrittura e alla riflessione alta. E lo fanno attraverso la formula popolare e ripetitiva del blues, molto standardizzata perché possa essere riprodotta, prima sotto i tendoni e nelle feste di paese in campagna nel Sud, poi nelle città e nei teatri.

Le donne di cui parliamo 

Ma Reiny’s

cantante 

(1886-1939) Cantante statunitense definita la Madre del Blues, la prima artista a rompere la barriera degli spettacoli di cabaret e vaudeville e a diventare professionista in ambito musicale.Era apertamente bisessuale in una società che tendeva a emarginare e stigmatizzare le donne diverse e soprattutto quelle emancipate. Pagava lei i musicisti della sua band e in anticipo.

Bessie Smith 

cantante

(1894 – 1937) Interprete statunitense popolare e talentuosa di blues e jazz degli anni venti e anni trenta. Venne soprannominata l’Imperatrice del Blues per la sua voce elegante e imponente. Era anche una ballerina, un’attrice comica e una mima. Conobbe povertà e razzismo, successo e denaro. Nelle sue canzoni è descritto dettagliatamente il mondo delle donne, desiderio di riscatto e insicurezza ma anche grande coraggio.

Billie Holiday 

cantante

(1915- 1959) Nel 1933 incominciò la sua carriera di cantante jazz all’età di 18 anni e il produttore John Hammond le organizzò alcuni spettacoli per esibirsi davanti al grande pubblico. Nel 1935 Billie incise i suoi primi dischi e acquisì molta fama fino a lavorare in un film-musical al fianco del grande Louis Armstrong nel 1947. 

Angela Davis

Filosofa 

Nata nel 1944, è una delle figure di spicco del movimento americano per i diritti civili. Studiosa di filosofia, allieva di Adorno e di Marcuse, a partire dagli anni ’60 è stata in prima linea nella lotta degli afroamericani contro il razzismo e la repressione. Dal suo saggio “Blues e femminismo nero” trae spunto il nostro spettacolo. Trascrisse lei dagli originali i testi dei Blues di Ma Rainey e Bessie Smith interpretando le loro parole nel contesto della lotta per i diritti delle donne afroamericane. 

Chi siamo

Viviana Monti 

Voce

Cantante eclettica che utilizza diverse tecniche vocali, dall’improvvisazione jazz e blues al canto lirico,
passando per la musica etnica (Kletzmer, sudamericana e tango). Solista di Swing Big Band dal 1990, da
allora ha coltivato l’amore per Swing e jazz. Ha collaborato con vari gruppi musicali come Il Coro GospelandMore di Scandiano e il Regipsy jazz ensemble. Ha un blog che parla di Ukulele, mioukuleleblogspot.com 

Marco Macchi 

Pianoforte 

Classe 1970, dopo alcuni anni di istituto musicale ha proseguito la propria formazione con diversi maestri di piano jazz e di composizione.
Dall’87 ha suonato con decine di band, spaziando dal cantautorato al funky, dal jazz al pop, dal tango all’hard rock, dall’improvvisazione teatrale al blues.
Ha anche composto le musiche per tre album in studio, fra cui uno per solo pianoforte (“Musiche per nessun film” del 2021).

Antonio Bacciocchi

Scrittore, musicista, blogger. Ha militato come batterista in una ventina di gruppi (tra cui Not Moving, Link Quartet, Lilith), incidendo una cinquantina di dischi e suonando in tutta Italia, Europa e USA e aprendo per Clash, Iggy and the Stooges, Johnny Thunders, Manu Chao etc. Ha scritto una decina di libri tra cui "Uscito vivo dagli anni 80", "Mod Generations", "Paul Weller, L’uomo cangiante", "Rock n Goal", "Rock n Spor"t, Gil Scott-Heron Il Bob Dylan Nero" e "Ray Charles- Il genio senza tempo". Collabora con i mensili “Classic Rock”, "Vinile" e i quotidiani “Il Manifesto” e “Libertà”. E' tra i giurati del Premio Tenco e del Rockol Awards. Da sedici anni aggiorna quotidianamente il suo blog www.tonyface.blogspot.it dove parla di musica, cinema, culture varie, sport e con cui ha vinto il Premio Mei Musicletter del 2016 come miglior blog italiano. Collabora con Radiocoop dal 2003.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.