THE STRYPES – Little victories

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Difficile gestire il peso di un esordio così potente e tanto caratterizzante da un punto di vista sonoro. Soprattutto la popolarità ottenuta, un macigno per dei ragazzini cresciuti a pane e Yardbirds.
Questo secondo album è l’onorevole tentativo di andare oltre senza rinnegare il passato.
Anche l’immagine lascia (con l’eccezione del cantante) il culto dei 60’s e diventa più “casual” e variegata.
La band guarda in diverse direzioni (dagli Arctic Monkeys, soprattutto, agli Oasis a varie influenze indie brit pop), ogni tanto sbanda, altre volte tira fuori gli artigli di sempre.
I brani sono buoni, il lavoro è vario e molto meno unidirezionale rispetto all’esordio, si respira aria di transizione verso un’identità più matura anche se “Little victories” è spesso poco personale e lontano da quella splendida ingenuità elettrica dell’esordio.
Le iniziali “Get into it” e “I need to be your only” sono rocciosi rock n roll che guardano ancora al passato mentre stupiscono la “deviazione” indie pop senza alcuna personalità di “A good night…” e la scopiazzatura palese e senza vergogna degli Arctic Monkeys in “Eighty four”.<BR>Dopo il buon rock di”Queen of the half crown”, “Everyday” ci porta in una ballad dal sapore Oasis/Beatles e finalmente “Best man” e “Three stretts and a village green” ci fanno rivivere il gusto garage degli esordi con un lavoro sopraffino di basso e chitarra. E’ quasi hard “Now she’s gone” mentre riecheggia certo punk beat 77 “Cruel Burnette”. <BR>E’ un ottimo jungle beat alla Bo Diddley “Status update” con splendida armonica e atmosfere alla Pretty Things e Stones ’65. <BR> A chiudere uno dei migliori episodi dell’album, la bellissima “Scumbag City”, sorta di blues rock con la chitarra in gran spolvero.<BR>Da non perdere le quattro bonus tracks della versione deluxe che curiosamente, ma non troppo, sono quelle più vicine alle atmosfere dell’esordio “Snapshot”.
Ombre e luci in “Little victories” ma gli STRYPES meritano ancora fiducia, potrebbero darci ancora grandi soddisfazioni.

Da www.tonyface.blogspot.it

Antonio Bacciocchi

Scrittore, musicista, blogger. Ha militato come batterista in una ventina di gruppi (tra cui Not Moving, Link Quartet, Lilith), incidendo una cinquantina di dischi e suonando in tutta Italia, Europa e USA e aprendo per Clash, Iggy and the Stooges, Johnny Thunders, Manu Chao etc. Ha scritto una decina di libri tra cui "Uscito vivo dagli anni 80", "Mod Generations", "Paul Weller, L’uomo cangiante", "Rock n Goal", "Rock n Spor"t, Gil Scott-Heron Il Bob Dylan Nero" e "Ray Charles- Il genio senza tempo". Collabora con i mensili “Classic Rock”, "Vinile" e i quotidiani “Il Manifesto” e “Libertà”. E' tra i giurati del Premio Tenco e del Rockol Awards. Da sedici anni aggiorna quotidianamente il suo blog www.tonyface.blogspot.it dove parla di musica, cinema, culture varie, sport e con cui ha vinto il Premio Mei Musicletter del 2016 come miglior blog italiano. Collabora con Radiocoop dal 2003.

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