CALIBRO 35 – Discomania
Jazz, funk rock, quell’inimitabile groove che caratterizzava le colonne sonore dei film nostrani di anni Sessanta e Settanta.
Jazz, funk rock, quell’inimitabile groove che caratterizzava le colonne sonore dei film nostrani di anni Sessanta e Settanta.
Il loro primo disco uscì nel 1988. questa nuova edizione è corredata da due inediti e anticipa un ritorno in grande stile.
Il nuovo singolo è un perfetto esempio di come approcciare un certo tipo di musica, buttandosi a capofitto nelle note selvagge, in ritmi forsennati, chitarre lancinanti, un’armonica penetrante, una voce perfetta per l’ambito.
Le atmosfere acustiche e psichedeliche di questo nuovo lavoro ci portano sui sentieri di Grace Slick, Sandy Denny, del folk ammantato di colori e umori cerebrali a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
Il taglio è decisamente pop, ricorda Dente e anche certi episodi di Lucio Corsi, le canzoni funzionano, gli arrangiamenti sono semplici ma efficaci.
Un pulsante ep con quattro brani è il primo atto di un’avventura che si preannuncia fin da subito travolgente e convincente.
Il nuovo album si muove su coordinate in equilibrio tra canzone d’autore e rock chitarristico con testi che approfondiscono una tematica dominante nella complessa società odierna, l’indifferenza.
Un album che ne conferma lo spessore qualitativo e compositivo e il modo per attualizzare con personalità il patrimonio folk, a cui fanno evidente riferimento le atmosfere delle otto canzoni autografe.
I cinque brani si muovono in un’atmosfera malinconica e plumbea, avvolta da un gusto per le ballate care agli arrangiamenti di Phil Spector, all’alt folk e un’attitudine Lou Reediana.
Il sound è crudo, sporco, il richiamo a Jon Spencer Blues Explosion, Jack White e Black Keys (“Shade Tree Mehanics”) è automatico.
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